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IL “CASO DENALI”
PER DIFFIDENTI, III
Preparavo io uno studio
sulla stella delle 8 punte, dal-
la quale, senza sdegnare altre
basiliche, è seminata quella di
San Pietro in Vaticano, e dalla
quale ci sono repliche per
tutto il mondo, quando mi
arrivò l’Introito 315 di Jorge.
Devo dire che lui già
conosceva il mio interesse per
questa stella e incluso sapeva
dove mi porterebbe, cosa che
io soltanto intuivo. E certo: Mi
portò al “Faro di Ercole”, al “Sole di Occidente”
-che non dell’Oriente-, alla Torre della quale
Jorge veniva a mostrare alcuni dei suoi antichi
nomi, tra di essi, quel di “Torre di Estrada”,
alla quale fanno onori le street inglese, le
strade italiane, le istralas rumene… e
l’universale STOP -come è stato spiegato nella
II parte del nostro “Denali”-, alla Torre torrente
di derivati per il fatto di essere stata così
“straordinaria”, “strupenda”, “estrema”… ben-
ché non fossero tanti coloro che desiderassero
“estrenarse” in essa, giacché era per slanciarsi
al vuoto dalla sua imponente altezza; la Torre
che tanto “strupore” causava agli estranei o
stranieri e alla quale si deve il proverbio castel-
lano che “tutti i cammini conducono a Roma”
(grande verità!) cioè, all’originale “Compostela”,
al Nord della Spagna, primo foco di pellegrina-
zioni della umanità. Già sa il lettore della
persistente memoria collettiva delle origini, a
dispetto tanta “gomma per cancellare”, tanto
succedaneo e plagio segnalatore. Per certo che,
la Divina Providenza sembra avere voluto
concentrare la detta memoria
collettiva, nella mente rivendi-
catrice di Jorge. Mi congratulo
allora con ambedue e grazie.
Come dicevo, mi
ricreavo io tra la torre e la
stella, e di pronto mi vedo tra
“la capra e il campanile” di
Manganeses della Polvorosa (Zamora).
EL “CASO DENALI”
PARA RECELOSOS, III
Estaba yo preparando
un estudio sobre la estrella
de 8 puntas, de la que, sin
desdeñar otras basílicas,
está sembrada la de San
Pedro del Vaticano, y de la
que hay réplicas por todo el
mundo, cuando me llegó el
Introito 315 de Jorge.
Debo decir que él ya
conocía mi interés por esta
estrella e incluso sabía a
dónde me llevaría, algo que
yo tan sólo intuía. Y sí: Me llevó justo al “Faro
de Hércules”, al “Sol de Occidente” -que no de
Oriente-, a la Torre de la que Jorge venía a
explicitarnos varios de sus antiguos nombres,
entre ellos el de “Torre de Estrada”, a la que
hacen honores las street inglesas, las estradas
italianas, las istralas rumanas… y el universal
STOP -como quedó explicado en la II parte de
nuestro “Denali”-, a la Torre torrente de
derivados por haber sido tan “estraordinaria”,
“estrupenda”, “estrema”… aunque no fueran
tantos los que desearan estrenarse en ella,
puesto que era para lanzarse al vacío desde su
imponente altura; la Torre que tanto “estrupor”
causaba en extraños o extranjeros y a la que se
debe el dicho castellano de que “todos los
caminos conducen a Roma” (¡gran verdad!), al
original “Compostela”, en el norte de España,
primer foco de peregrinaciones de la
humanidad. Ya sabe el lector de la persistente
memoria colectiva de los orígenes, pese a tanta
“goma de borrar”, a tanto sucedáneo y plagio
señalizador. Por cierto que, la Divina Providen-
cia parece haber querido concentrar
dicha memoria colectiva, en la
mente reivindicadora de Jorge.
Felicidades a ambos y gracias.
Pues, como decía, me
recreaba yo entre la torre y la
estrella, y de pronto me veo entre
“la cabra y el campanario” de
Manganeses de la Polvorosa (Zamora).
2
Certamente le cose non ci sono là per
casualità, né per la genialità dei sindachi…
nemmeno per quella del tonto il paese. Quella
capra è il simbolo della nostra “Madre Solare” -
dalla srtella delle 8 punte, direi io adesso-
precipitata per generare la vita nella Terra.
Io, che sono molto sensibile alle cadute,
e non lo posso rimediare, avevo pensato
d’invitare ai “Manganesi” a buttare una gallina,
o un tacchino -come fanno in Cazalilla (Jaén)-
che, senza volare tanto quanto per andarsene
via, possono planare e non si schiantano contro
il suolo. Ma già vedo Jorge con suo veto:
No. Perché né le galline né i tacchini dan-
no latte e proprio per essere la capra l’animale
delle più proporzionate mammelle -e addirittura
atta per il salto-, fu l’indentificata con la strella,
cioè, con la nostra Madre Solare, la generatrice
del “Mare di latte” che
batte e biancheggia azzurri
contro gli scogli cantabrici.
Per questo all’Oceano gli si
chiama Amalechio, o
Amallakia, nome che
ancora perdura nel rione
di Amaliach, a Santander
-in qui centro io alzerei un
monumento alla tua
strella, o alla sua capra, al nostro Oceano, alle
lattiere o a qualcosa del genere- poiché Amal-
iach significa malka, milk, leche, cioè, latte,
che, bianco e senza imbottigliare… “¡La schiu-
ma del mare!” Proprio quello che imbottiglia il
nome del popolo di atti: Manganeses.
Nessuno però pensi che la cosa era così
chiara, perché nemmeno D. Francisco Amaliach
Orta -governatore dello Stato di Carabobo
(Venezuela)- sapeva che portava un Oceano
per cognome; come neanche noi sapevamo
che, per la stessa originale ragione, i baschi
chiamavano malkor ai precipizi, e malkatx ai
litorali scabrosi.
D’accordo, Jorge. Saluta da parte mia ai
tenaci Manganesi, così fedeli alle tradizioni e
alla più antica linguistica, e chi sia così sensibile
al colpo del povero animale, gli attacchi un
paracadute, o metta dei materassi di spuma…
Ma non gli porti dopo al mattatoio per farlo
costolette. Arrostino delle patate…
Si es que las cosas no están ahí por
casualidad, ni por la genialidad de los alcaldes…
ni siquiera por la del tonto el pueblo. Esa cabra
es el símbolo de nuestra “Madre Solar” -de la
estrella de 8 puntas, diría yo ahora- precipitada
para generar la vida en la Tierra.
Yo, que soy muy sensible a las caídas,
y no lo puedo remediar, había pensado
invitar a los “Manganesos” a tirar una gallina, o
un pavo -como hacen en Cazalilla (Jaén)- que,
sin volar tanto como para escaparse, pueden
planear y no se estrellan contra el suelo. Pero
ya me veo a Jorge con su veto:
Pues no, porque ni las gallinas ni los
pavos dan leche y, precisamente por ser la
cabra el animal de más proveídas ubres -amén
de apta para el salto-, fue la identificada con tu
estrella, o sea, con nuestra Madre Solar, la
generadora del “Mar de Le-
che” que bate y blanquea
azules contra los acantil-
ados cantábricos. Por eso
al Océano se le llamaba
Amalechio, o Amallakia,
nombre que aún perdura en
el barrio santanderino de
Amaliach -en cuyo centro
yo haría un monumento a tu
estrella, o a su cabra, a nuestro Océano, a las
lecheras o a algo del género- puesto que
Amaliach significa malka, milk, latte, o sea,
leche, que, blanco y sin embotellar… “¡La
espuma del mar!” Justo lo que embotella el
nombre del pueblo de actos: Manganeses.
Pero que nadie piense que la cosa estaba
tan clara, porque ni siquiera D. Francisco
Amaliach Orta -gobernador del Estado de
Carabobo (Venezuela)- sabía que llevaba un
Océano por apellido; como tampoco nosotros
sabíamos que, por la misma original razón, los
vascos llaman malkor a los precipicios, y
malkatx a los litorales escabrosos.
Pues, vale, Jorge. Felicita de mi parte a
los tenaces Manganesos, tan fieles a las
tradiciones y a la más rancia lingüística, y quien
tan sensible sea al golpe del pobre animal,
póngale paracaídas, o coloque colchones de
espuma… Y que no le lleven luego al matadero
para hacerle chuletas. Que asen patatas…
3
…Segua però la rappre-
sentazione, amici Manganesi,
così sia con delle bambole;
che non è tanto che si sia
conservato il ritto in soltanto
un paese di Castiglia, la regio-
ne della Spagna direttamente
erede della Strella, la Strada,
la Ishtar…, in definitiva, del
Sole Asture.
Certo che, per non sapere…, nessuno
sapeva che il Denali del nostro conto era
gemellato con tanti luoghi della Spagna, incluso
il Teniche portoghese né la fratellanza di questi
con i monti canari Teneza e Taniche, o con lo
Stato USA di Tennessee, benché al tempo di
andare battezzare questa creatura, né i genitori
ne i padrini sapevano che quel nome non le
quadrava. Perché com’è detto, i nomi di radice
Tana/Tena > Tani/Teni erano gli usati dai
popoli plaleoispanici per designare “Finisterri”
(così come per mettere Fine o “The End” ai film
del suo avanzamento civilizzatore), quello che
non è molto conforme con il riferito Stato né
con nessun’altro dell’intorno.
Sicuramente gli antichi
guanci, fedeli alla sua memoria
storica, sapendo il significato sacro
delle parole e rispettando il
linguaggio, seminarono con
migliore criterio le sue isole più
“Denali” che stelle di 8 punte
dipingono i messicani sul manto
della Madonna di Guadalupe;
indovinino loro perché. Ciao
Tàbara! E copio la relazione di
Jorge per chi di nuovo voglia ricrearsi in essa,
sempre senza intenzione di essere conclusivo.
Isola della Palma: Tenagua, Tinjarafe,
Tingalate, Tanjuya, Caldera de “Tanburiente >
Taburiente.
Isola di Hierro: Pico Tenerife, Monte
Tinbaronbo, Pico Tenbargena, Pico Tánbano,
Risco Tinbataje, Tinjimirake, Punta de Res-
tinga.
Isola della Gomera: Pico Tenchereda,
Pico Tenselinde, Tenjiade, Tanpahuga,
Tanguluche…
…Y que siga la representación,
amigos manganesos, así sea con
muñecos; que no es tanto que se
haya conservado el rito en un pueblo
de Castilla, la región de España
directamente heredera de la Estrella,
la Estrada, la Ishtar…, en definitiva,
del Sol Astur.
Claro que, por no saber…,
nadie sabía que el Denali de nuestro
cuento estaba hermanado con tantos rincones
de España, incluido el Teniche portugués, ni la
familiaridad de éste con los montes canarios
Teneza y Taniche, o con el Estado USA de
Tennessee, aunque a las alturas en que fueron
a bautizar a esta criatura, ni padres ni padrinos
sabían que tal nombre no le cuadraba. Y es
que, como quedó dicho, los nombres de raíz
Tana/Tena > Tani/Teni eran los usados por los
pueblos paleohispánicos para designar
“Finisterres” -algo así como para poner Fin o
“The End” a las películas de su avance
civilizador-, lo que no cuadra con el referido
Estado ni con ningún otro de alrededor.
Seguramente los antiguos
guanches, fieles a su memoria
histórica, sabiendo el signifi-
cado sagrado de las palabras y
respetando el lenguaje,
esparcieron con mejor criterio
por sus islas más “Denalis” que
estrellas de 8 puntas pintan los
mejicanos en el manto de la
Virgen de Guadalupe; adivinen
ellos por qué. ¡Hola, Tábara! Y
copio la relación de Jorge para
quien de nuevo quiera recrearse, siempre sin
intención de ser conclusivo:
Isla de La Palma: Tenagua, Tinjarafe,
Tingalate, Tanjuya, Caldera de “Tanburiente >
Taburiente.
Isla de Hierro: Pico Tenerife, Monte
Tinbaronbo, Pico Tenbargena, Pico Tánbano,
Risco Tinbataje, Tinjimirake, Punta de Res-
tinga.
Isla de La Gomera: Pico Tenchereda,
Pico Tenselinde, Tenjiade, Tanpahuga,
Tanguluche…
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Isola di Tenerife: Valle di “Oro-Tanba”
> Orotava, Pico Tanborno, Txanborga, Parag-
gio di “Tánparo” > Amparo, Punta di Tanbadi-
ta, Burone di Tanbodíao, Tanblero, Tanbaide,
Txinbeske, Teno, Punta di Teno, Croce di
“Tena” > Tea, Tanke, Tanko, “Tankoronte” >
Tacoronte, Tangoro, Fonte del Tanke, San
Miguel di Tanjao, Tinjoko, Tenjina…
Isola di Lanzarote: Monte Teneza,
Monte ”Tano”, Monte “Taniche” > Tahiche,
Monte ”Zenés” > Femés, Tinajo, “Tinás” >
“Tínás” > Tías, Tengoyo, “Tenguise” >
Teguise, “Tinagua” > Tiagua, “Tinanfaya” >
Timanfaya.
Isola di Fuerteventura: Monte
Tindaya, Burrone Tinojay, Tonikos, Toneles,
Tiñosa, Tuineje, “Tenfía” > Tefia, “Tano” >
Tao, “Tenguital” > Teguital.
Isloa di Gran Canaria: Tenoya, Pico
”Tanburga” > Amurga, Monte “Tanbadaba” >
Tamadaba, Monte “Zanbarrilla” > Zamarrilla,
Tinbagada, Zendro, ”Guanar-Tene” >
Guanarteme.
Questo esposto, buono sarebbe avere
notizie di toponimi simili in luoghi più lontani,
perché intuisco che non mancheranno. A
disparte questo, ¿che cosa possiamo dedurre?
Una cosa molto semplice: Che coloro che
si s’interessarono in una toponimia con il
flagrante significato di santo e finale o
“finisterre” -come abbiamo spiegato nella II
parte-, soltanto potevano procedere della
Spagna. Se qualcuno trova migliori ragioni che
le nostre, dica il contrario.
Ma allora, questo tale, con
il basco s’incontrerebbe. Perché,
a disparte che nelle Canarie gli
unici resti archeologici trovati
della Torre di Estrada sono le
stelle di 8 punte, risulta che il
nome dell’Isola di Tenerife ha un
precedente nella toponimia
basca. Si tratta del Monte
Zenarruza, al quale seconda il
monte Zengotitagane, ambedue
nel massiccio del Oiz -il
“Belvedere dell’infinito”-, accanto
a toponimi come Zeniga e Zinarregui.
Isla de Tenerife: Valle de “Oro-Tanba”
> Orotava, Pico Tanborno, Txanborga, Paraje
de “Tánparo” > Amparo, Punta de Tanbadita,
Barranco de Tanbodíao, Tanblero, Tanbaide,
Txinbeske, Teno, Punta de Teno, Cruz de
“Tena” > Tea, Tanke, Tanko, “Tankoronte” >
Tacoronte, Tangoro, Fuente del Tanke, San
Miguel de Tanjao, Tinjoko, Tenjina…
Isla de Lanzarote: Monte Teneza,
Monte ”Tano”, Monte “Taniche” > Tahiche,
Monte ”Zenés” > Femés, Tinajo, “Tinás” >
“Tínás” > Tías, Tengoyo, “Tenguise” >
Teguise, “Tinagua” > Tiagua, “Tinanfaya” >
Timanfaya.
Isla de Fuerteventura: Monte Tindaya,
Barranco Tinojay, Tonikos, Toneles, Tiñosa,
Tuineje, “Tenfía” > Tefia, “Tano” > Tao,
“Tenguital” > Teguital.
Isla de Gran Canaria: Tenoya, Pico
”Tanburga” > Amurga, Monte “Tanbadaba” >
Tamadaba, Monte “Zanbarrilla” > Zamarrilla,
Tinbagada, Zendro, ”Guanar-Tene” >
Guanarteme.
Esto expuesto, bueno sería tener noticias
de topónimos parecidos en lugares más lejanos,
pues intuyo que no faltarán. Pero aparte esto,
¿qué podemos deducir?
Pues algo muy sencillo: Que quienes se
interesaron en una toponimia con el flagrante
significado de santo y final o “finisterre” -cual
explicamos en la II parte-, sólo podían proceder
de España. Si alguien encuentra mejores
razones que las nuestras, diga lo contrario.
Claro que, ese tal, con el
vasco toparía. Porque, aparte
de que por las Canarias los
únicos restos arqueológicos
encontrados de la Torre de
Estrada son las estrellas de 8
puntas, resulta que el nombre
de la isla de Tenerife tiene un
precedente en la toponimia
vasca. Se trata del Monte
Zenarruza, al que secunda el
monte Zengotitagane, ambos
en el macizo del Oiz -el
“Mirador del infinito”-, junto
con topónimos tales como Zeniga y Zinarregui.
5
Perché succede che la derivazione Zenar-
ruza > Tenerife non può essere al rovescio
giacché, nella sua evoluzione linguistica, la Z è
molto anteriore alla T, alla sua sorella la D e
alla sua cugina la F, come anche la A antecede
alla E, per non parlare della R e la RR. Cioè,
che Zenarruza precede in migliaia di anni a
Tenerife: Quanti tardarono i sapiens del Nord
peninsulare della Spagna in arrivare al Sud
insulare della stessa, che non al rovescio.
Questo visto, come nel caso delle
Americhe del 1492, bene può parlarsi di
riscoperta -che non di scoperta- delle Canarie
nel s. XIV. Fine quindi delle sfide berberi-fenici-
greci da una parte o dei asiatici-pollinesi-
vichinghi dall’altra; né tiri né troiani. Spagnoli,
amico Max!
E Max risponderebbe:
- Per la salvezza eterna non è necessario
credere in Cristo, né nella Chiesa, né nei
sacramenti. Basta con credere nell’Ispanità.
“Non ti manca ragione”, gli si potrebbe
rispondere, perché della Spagna cattolica o
universale non si libera nemmeno la Svizzera
calvinista. Qualche giorno avrò l’occasione di
mostrare che anche quest’affermazione la
dimostra “l’Archeologia linguistica” benché,
scettico, Max la derida. Non mancherà chi
finisca per deridere le sue etimologie
greco-latine.
E nominato il tema, vada una
chiamata agli eruditi: Non vale la
pena di fare un’analisi profonda delle
“assurde” Etimologie di San Isidoro di
Sevilla, il Vescovo ispano gotico? Non
sorprenderò Jorge.
Y es que la derivación Zenarruza >
Tenerife no puede ser al revés porque, en su
evolución lingüística, la Z es muy anterior a la
T, a su hermana la D y a su prima la F, lo
mismo que la A antecede a la E, por no hablar
de la R y la RR. O sea, que Zenarruza precede
en millares de años a Tenerife: Los que
tardaron los sapiens del Norte peninsular de
España en llegar al Sur insular de la misma,
que no al revés.
Visto lo visto, como en el caso de las
Américas de 1492, bien puede hablarse de
redescubrimiento -que no descubrimiento- de
las Canarias en el s. XIV. Fin pues de los duelos
bereberes-fenicios-griegos de una parte o de
asiáticos-polinesios-vikingos de la otra; ni tirios
ni troyanos. ¡Españoles, amigo Max!
Y Max respondería:
- Para la salvación eterna no se necesita
creer en Cristo, ni en la Iglesia, ni en los
sacramentos. Basta con creer en la hispanidad.
“Pues no te falta razón”, se le podría
responder, porque de la España católica o
universal no se libra ni la Suiza calvinista. Algún
día tendré ocasión de mostrar que también esta
afirmación la demuestra la “Arqueología
lingüística” aunque, escéptico, Max la ría. No
faltará quien termine por reír sus
etimologías greco-latinas.
Y, sacado el tema, vaya una
llamada a los eruditos: ¿No
merecerían un análisis profundo esas
“absurdas” Etimologías de San Isidoro
de Sevilla, el Obispo hispano godo? No
sorprenderé a Jorge.
6
Ma se lo Zenarruza ci porta in Tenerife,
“l’Archeologia linguistica” ci continua a dispen-
sare delle sorprese in quanto identifica una
famiglia di parole della radice zen = zan, con il
suo flagrante significato di finale incluso più al
di là dell’ambito geografico. Ecco alcune:
- In spagnolo: Zena, l’ultimo pranzo del
giorno (per questo sappiamo gli spagnoli a
partire di quale momento possiamo dire con
proprietà “buona notte” en non “buona sera”);
zenefa, ornato degli orli o estremi dei vestiti;
zenotafio, monumento che commemora una
persona che passò a migliore vita; zeniza, zeni-
ciento, colore delle brace stinte, come quel del
Sole che si oscura, da dove si deduce che Zana
e Zena furono nomi antichissimi del Sole di Oc-
cidente… e anche del mezzogiorno, poiché il ze-
nit o punto zenitale è il più elevato dello stesso,
cioè, che ZEN è un nome del Sole dalla sua
uscita fino al suo zenal > zinal > finale. E io
non dimenticherei la parola “dezena” (decina),
quella della X, la lettera del nome di Dio.
- In vasco: Zan = zen,
defunto; zandu, morire
(hiltzen). Per questo Lauriña
ha potuto fotografare
quell’isolotto dello Zentollo, nel
Finisterre gallego, un singolare
zenotafio a un Sole che passa
o passò a migliore vita.
- En greco: Zan = zen =
occidente, occaso, Ade, inferno, luogo dove il
Sole spariva, o Zan = zen > Zeus, il
nome del Dio supremo, cioè del Sole.
¡Caspita, il nome del Dio supre-
mo dei greci anche è spagnolo!
Elementale, caro Watson, e
così occidentale come loro, perché
anche gli Asturi erano conosciuti
come Galli e Greci, o Seleni > Heleni. Per
questo una mappa del 1647, dall’inglese Robert
Dudley, chiama “Mare Greco” all’attuale Mare
Cantabrico. Ecco.
Se a questo aggiungiamo quello già sapu-
to sui primi colonizzatori di Alaska, i ballaski >
blaski > balski > vaski, o i ballaski della
Balleskia > Bellexia, cioè, i castellani di Castiglia
la “Vieja”, più addirittura quello riferito dalla mi-
Pero si el Zenarruza nos lleva a Tenerife,
la “Arqueología lingüística” nos sigue deparando
sorpresas al identificar una familia de palabras,
todas de raíz zen = zan, con su flagrante
significado de final incluso más allá del ámbito
geográfico. He aquí algunas:
- En español: Zena, la última comida del
día (por eso sabemos los españoles a partir de
qué momento podemos decir con propiedad
“buenas noches” y no “buenas tardes”); zenefa,
adorno de los bordes o extremos de los ves-
tidos; zenotafio, monumento que conmemora a
una persona que pasó a mejor vida; zeniza,
zeniciento, color de las brasas extintas, como el
del Sol que se oscurece, de donde se deduce
que Zana y Zena fueron nombres antiquísimos
del Sol de Occidente… y también del mediodía,
porque el zenit o punto zenital es el más eleva-
do del mismo, o sea, que ZEN es un nombre
del Sol desde que sale hasta su zenal > zinal >
final. Y yo no olvidaría añadir la palabra “deze-
na”, la de la X, la letra del nombre de Dios.
- En vasco: Zan = zen,
difunto; zandu, fallecer
(hiltzen). Por eso Lauriña pudo
fotografiar el islote del Zentollo,
en el Finisterre gallego, un
singular zenotafio a un Sol que
pasa o pasó a mejor vida.
- En griego: Zan = zen =
occidente, ocaso, hades,
infierno, lugar donde el Sol desaparecía, o Zan
= zen > Zeus, el nombre del Dios
supremo, o sea del Sol.
¡Caramba, el nombre del Dios supre-
mo de los griegos, también es español!
Elemental, querido Watson, y tan
occidental como ellos, porque a los Astures
también se les conocía como Galos y
Griegos, o Selenos > Helenos. Por eso un mapa
de 1647, del inglés Robert Dudley, llama “Mar
Griego” al actual Mar Cantábrico. Pues eso.
Si a esto añadimos lo ya dicho sobre los
primeros colonizadores de Alaska, los ballaskos
> blaskos > balskos > vaskos, o ballaskos de la
Balleskia > Bellexia, o sea, los castellanos de
Castilla la Vieja, junto con lo referido por la
mitología clásica sobre los pelasgos, como ante-
7
tologia classica sui pelasghi, come antenati dei
greci, voi mi direte dove è stato l’origine degli
alaski di Alaska come dei greci della Grecia. E
quanto piccolo rimasse l’Olimpo per uno Zeus
spagnolo che pernotta al di là il “GRANDE”, di là
dal monte DENALI!
Diciamo, infine, in onore della F come
nipote della Z, che “San Bizente d’Alabarzera”,
fu la metropoli dell’antico “Regno degli
Inziernos > Infiernos (Inferi), la parola che
diede nome ai defunti. Proprio per questo è
così vicina la Torre degli Estrada! Come ricordo
di quell’altra dalla quale non erano capre, ma
umani coloro che si precipitavano.
Come testimone a
carico, c’è la rocca
dell’illustrazione, trovata
all’ingresso della baia di San
Vicente. In essa si può
leggere scritto, in
impeccabile traccio, la
parola “MARE” in greco:
ΘΑΛΑΣΣΑ = ZALLAZA >
ZALLASSA > ZALASSA. Data l’ubicazione della
rocca, si deduce che era l’antico nome di San
Vicente, una delle più antiche ville dell’umanità.
Un nome condiviso con il MARE, il luogo dove
andavano FALLECER (morire) i nostri antenati,
pellegrini al risaputo “Campostella”. Se da
ZALLAZA deriva FALLECER, un’altra prova per
supporre che San VICENTE era un paese di
DEFUNTI, che questo significa VICENTE.
Anche a “San Vizente” -il cui nome replica
la città greco-turca di Bizancio, e anche il paese
castegliano di Villa-Bizencio-, il tsunami del 2
febbraio 2015 venne a confermare i nostri
argomenti sulla Z:
pasados de los griegos, ya me dirán donde
estuvo el origen tanto de los alaskos de Alaska
como de los griegos de la Grecia. ¡Y qué
pequeño se quedó el Olimpo para un Zeus
español que pernocta más allá del “GRANDE”,
más allá del monte DENALI!
Digamos, en fin, en honor de la F como
sobrina nieta de la Z, que “San Bizente de
Alabarzera” fue la metrópoli del antiguo “Reino
de los Inziernos > Infiernos, la palabra que
dio nombre a los difuntos. ¡Por algo está tan
cerquita la Torre de los Estrada! Como recuerdo
de aquella otra desde la que no eran cabras,
sino humanos los que se despeñaban.
Como testigo de cargo,
la roca de la ilustración,
hallada en la bocana de la
bahía de San Vicente. En ella
se puede leeer, escrito en
impecable trazo, la palabra
“MAR” en griego: ΘΑΛΑΣΣΑ
= ZALLAZA > ZALLASSA >
ZALASSA. Dada la ubicación
de la roca, se deduce que ZALLAZA era el
antiguo nombre de San Vicente, una de las más
antiguas villas de la humanidad. Un nombre
compartido con el MAR, el lugar donde iban a
FALLECER nuestros ancestros, peregrinos al
“Campostella” de marras. Si de ZALLAZA deriva
FALLECER, una prueba más para suponer que
San VICENTE era el pueblo de los DIFUNTOS,
que eso significa VICENTE.
También en “San Vizente” -cuyo nombre
replica la ciudad greco turca de Bizancio, así
como el pueblo castellano de Villa-Bizenzio-, el
tsunami del 2 de febrero del 2015 vino a
rerefrendar nuestros argumentos sobre la Z:
8
Perché lasciò allo scoperto il già
detto giacimento in spiaggia, dove
Jorge ha trovato documentata questa
vecchia lettera, madre e nonna della
D, la T e la F che tanto gioco ci ha
dato nella nostra ricreazione in torno
al Denali. Una di queste Zete è quel-
la che si legge nel sasso della foto.
A questo punto, ricordo che,
nell’introduzione alla mia “Ispanità d’Ispanoa-
merica” (arringa contro la “maschera latina” di
taglio ideologico-razzista con chi i francesi e gli
italiani piacciono di seguire a vestire gli
ispanoamericani) dicevo che i miei scritti non
avevano “l’autorità di nessuna università o
facoltà italiana; la sua unica autorità è quella da
chi ha la convinzione di dire una verità come un
tempio, più ancora, come un universo
continentale, benché senza sedersi in questa o
in quella cattedra, dove anche la bugia e il
sopruso possono installare la sua sede.
Ebbene: Può che non sia questo il caso
dell’università spagnola, o forse sì -che io non
lo so-, ma riaffermandomi in quello allora detto,
alla luce di quanto adesso scopriamo, con dei
berretti o senza, tutti a riciclarci, fratelli. Un
ultimo appunto:
Se tutta questa investi-
gazione intorno all’origine
ispano di coloro che battez-
zarono “IL GRANDE” mi fosse
stata mostrata con delle
prove genetiche, dovrei avere
incominciato per fare un triple
atto di fede: Nell’onestà del
genetista, nella sua corretta
metodologia e nella stessa
genetica, poiché è scienza che non conosco;
invece le parole…, benché sia incapace di tro-
varle, là ci sono e, al punto mi si mostrano, so
leggerle. Grazie, Jorge, per la tua “Archeologia
linguistica” e per le tue lezioni, che è quello di
meno che si può dire a chi le da gratis.
Se di qua e di là abbiamo detto qualcosa,
con la Z, la T e la D che possono diventare F e
altri regali, è arrivato il momento di tutto conta-
re. Ho compiuto io con il mio Zen > Zenali >
Tenali > Denali, e ambedue, lettore, siamo del
nostro conto al Zen > Zenal > Zinal > Finale.
Porque dejó al descubierto el ya
citado yacimiento playero, donde
Jorge ha encontrado documentada
esta vieja letra, madre o abuela de la
D, la T y la F que tanto juego nos han
dado en nuestra recreación en torno
al Denali. Una de tantas Zetas es la
que se lee en el guijarro de la foto.
A este punto, recuerdo que, en
la introducción a mi “Hispanidad de Hispanoa-
mérica (alegato contra el “disfraz latino” de
corte ideológico-racista con el que franceses e
italianos gustan seguir vistiendo a los hispanoa-
mericanos) decía que mis escritos no tenían “la
autoridad de ninguna universidad o facultad
italiana; su única autoridad es la de quien
escribe con la convicción de decir una verdad
como un templo, más aún, como un universo
continental, pese a no sentarse en esta o en
aquella cátedra, donde también la mentira y el
atropello pueden instalar su sede”.
Pues bien: Puede que no sea el caso de la
universidad española, o tal vez sí -que no lo sé-
pero, reafirmándome en lo dicho entonces, a la
luz de cuanto estamos descubriendo, con
birrete o sin birrete, a reciclarnos todos,
hermanos. Un último un apunte:
Si toda esta investí-
gación en torno al origen
hispano de quienes bautiza-
ron a “EL GRANDE” me la
hubieran mostrado con prue-
bas genéticas, debería haber
empezado por hacer un triple
acto de fe: En la honestidad
del genetista, en su correcta
metodología y en la misma
genética, por ser una ciencia que desconozco;
en cambio las palabras…, aunque sea incapaz
de hallarlas, ahí están y, no más mostrármelas,
sé leerlas. Gracias, Jorge, por tu “Arqueología
lingüística” y por tus lecciones, que es lo menos
que se puede decir a quien las da gratis.
Y si, “burla burlando van los tres delante”,
con la Z, la T, y la D que pueden dar en F y
otros regalos, llegado es el tiempo de contarlo
todo. Cumplí yo con mi Zen > Zenali > Tenali
> Denali, y ambos, lector, estamos de nuestro
cuento al Zen > Zenal > Zinal > Final.