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Università Telematica Pegaso La psicologia cognitiva nell’esame testimoniale
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 LA TECNICA DELL'INTERVISTA COGNITIVA -------------------------------------------------------------------- 3
2 L'INTERVISTA COGNITIVA RIVEDUTA ---------------------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
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1 La tecnica dell'intervista cognitiva
Rispondere a domande implica attivare un processo cognitivo complesso in cui i soggetti
intervistati eseguono tre compiti principali, spesso interdipendenti:
a) comprendere la domanda (decifrare il suo significato letterale e pragmatico);
b) richiamare informazioni alla memoria per poter formulare una risposta (in funzione di come
interpreta la domanda, il soggetto definisce e in seguito ripesca in memoria ed in altri
supporti le informazioni necessarie per rispondere);
c) tradurre tale risposta in termini linguistici onde esternarla e comunicarla (è il linguaggio ad
essere sociale in tutti i suoi contesti d'uso)
È una tecnica particolare di raccolta dati sviluppata e frequentemente utilizzata negli anni
più recenti, con finalità spesso complementari alle modalità tradizionali. Lo scopo è quello di
aiutare chi fa l'intervista, soprattutto nelle fasi preliminari di un'attività, a comprendere meglio
come i soggetti concettualizzano il ricordo di un evento e come arrivano a formulare le risposte,
oppure capire come si possono aiutare, da un punto di vista cognitivo, a dare risposte il meno
distorte possibile.
Essa, definita “intervista cognitiva” si fonda sull'utilizzo di quattro mnemotecniche,
accuratamente pianificate e centrate sulle caratteristiche psicologiche dell'interrogato, capaci di
favorire il riaffiorare del ricordo. L'efficacia di questa tecnica si basa sull'atteggiamento corretto di
chi conduce l'interrogatorio; è importante riuscire ad instaurare una relazione di fiducia e sostegno
con l'intervistato, senza assumere atteggiamenti suggestivi.
Esse possono essere così riassunte (Cavedon e Calzolari, 2001):
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Prima mnemotecnica: ricostruzione mentale del contesto ambientale e dello stato
psicologico esistito al momento dell'evento. Si chiede al testimone di rivivere mentalmente il
contesto ambientale e lo stato d'animo personale presenti al momento dell'evento criminoso.
Sebbene questo non sia un compito facile, l'intervistatore può aiutare il testimone
chiedendogli di recuperare un'immagine o un'impressione circa le caratteristiche ambientali della
scena originale (per esempio la disposizione degli oggetti nella stanza), per poi commentare le
reazioni emozionali e le sensazioni avute in quel momento e descrivere qualsiasi suono, odore e
condizioni fisiche (caldo, umido, fumo, ecc.) presenti nel contesto in cui si è svolto il fatto. Quando
si codifica l'informazione relativa ad un evento si forma una traccia unica che comprende anche
l'informazione che riguarda il contesto oggettivo e soggettivo in cui tale evento ebbe luogo.
Siccome l'accesso ad una traccia in memoria è facilitato se viene presentata al soggetto una parte
dello stimolo originario, con la ricostruzione del contesto, si cerca di aumentare la sovrapposizione
fra contesto al momento del recupero e contesto al momento dell'acquisizione (Cavedon e Calzolari,
2001). Esempio: "Cerchi di tornare con la mente nel luogo dov'è avvenuta la rapina... Riesce a
vedere la strada? Dove si trovava in quel momento? Quale era il suo stato d'animo? Aveva molto
paura?...".
Si utilizza il termine state dependance per descrivere le ragioni per cui i soggetti che
apprendono del materiale in condizioni gioiose o tristi sono in grado di riprodurlo abbastanza bene
se viene fatto loro rivivere lo stesso stato d'animo (in tal caso si tratta di contesto emotivo). Pertanto
riuscire a creare la situazione stimolo nella sua totalità è un metodo di sicura efficacia per favorire il
ricordo.
Questa è la fase più importante; nell'esperienza quotidiana la fase d'acquisizione si fonda su
un flusso continuo d'informazioni con le quali la persona interagisce attivamente, mettendo in atto
delle strategie attentive adeguate sia ai propri scopi che alla situazione contestuale. In tali
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condizioni non esiste un criterio per determinare se la persona percepisce ed elabora tutte le
informazioni disponibili o solo parti di esse. Ed è proprio in tale situazione che si esplicita una
seconda modalità di rapporto tra codifica e ricordo dell'informazione, poiché ci si trova di fronte
alla necessità di studiare l'interazione dinamica d'informazioni diverse e talvolta contrastanti che
sicuramente attivano più modi sensoriali. Quindi la possibilità di facilitare il ricordo utilizzando
tecniche di memoria guidata potrebbe essere utile, sfruttando il principio secondo il quale la
testimonianza migliora se si riesce a riportare il soggetto vicino alle condizioni iniziali di
percezione.
Di grande interesse è il fatto che queste tecniche di supporto mnestico non hanno fatto
segnare un aumento di falsi positivi o di falsi negativi; si tratta di strumenti che, una volta adattati
alle specifiche esigenze giudiziarie, potrebbero migliorare il rendimento testimoniale.
Ma troviamo un'interessante applicazione nel processo di common law che prevede un
istituto chiamato to refresh the memory che stabilisce, appunto, che la memoria dei testimoni possa
e debba essere rinfrescata. Nei sistemi giudiziari di commow law, la ricerca e la presentazione del
materiale probatorio è interamente demandata alle parti; per assolvere questo compito, l'avvocato
esamina in privato, prima dell'udienza, il testimone che intende presentare al processo, e nel corso
di questa intervista può cercare di migliorare e stimolare la memoria del soggetto facendogli
esaminare precedenti disposizioni, scritti, documenti e quanto altro abbia a disposizione. Se poi, al
momento della deposizione vera e propria, il teste dovesse rendersi conto che lo stato dei suoi
ricordi lascia ancora a desiderare, gli è consentito consultare un memorandum, cioè appunti, note,
documenti, libri, redatti quando il ricordo dei fatti era ancora vivido e brillante. Questo
memorandum è destinato solo a rivitalizzare processi mnestici ormai sopiti, tanto che, come precisa
la giurisprudenza, la testimonianza del soggetto che depone sulla scorta di questo supporto consiste
non in quello che legge, ma in quello che dice. Ma si può fare di più: se il teste, dopo aver
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consultato i suoi appunti, constata che la sua memoria è ancora lacunosa e che non può
testimoniare, può tuttavia affermare, riferendosi al memorandum, di averlo redatto quando i fatti
erano ancora ben presenti nella sua mente; pertanto, anche se al momento non ricorda più nulla, può
dichiarare che le cose sono andate proprio come è spiegato nello scritto. Si tratta, indubbiamente, di
un istituto che può suscitare qualche perplessità: secondo una parte della dottrina, con questo
sistema il rischio che la mente ricordi qualcosa che non è mai successo, o che non è successo in quel
modo, è anche maggiore di quello che può derivare dalla proposizione di domande suggestive. Il
nostro codice penale prevede, nell'ipotesi in cui il teste ne abbia necessità, al comma 5 dell'art. 499,
di consentire al Giudice, in deroga al generale principio dell'oralità, di autorizzare il testimone a
consultare dei documenti da lui redatti che possano aiutarlo a ricordare.
Seconda mnemotecnica: riferire qualsiasi dettaglio o ricordi dell'evento. Spesso i testimoni
non capiscono quale informazione sia utile o meno, e tendono a tralasciare dettagli apparentemente
insignificanti ma in realtà rilevanti. La richiesta di riportare qualsiasi dettaglio è di grande utilità
anche perché spesso porta a ricordare dettagli importanti in associazione con dettagli insignificanti.
I dettagli insignificanti, inoltre, potrebbero essere di grande aiuto se aggiunti ai dettagli riportati da
altri testimoni dello stesso crimine, ai fine di identificarne i relativi autori.
Esempio: "Ricorda se aveva una collana o un bracciale?... Bene, mi dica a cosa
rassomigliava il ciondolo che pendeva alla collana che portava il tizio della rapina...".
Terza mnemotecnica: rievocazione libera dell'evento in ordine diverso rispetto alla normale
sequenza già detta. L'intervista cognitiva incoraggia il testimone a ricordare l'avvenimento iniziando
da punti diversi, dalla fine, dal mezzo o da un evento particolarmente saliente. Quando gli eventi
sono raccontati nell'ordine cronologico, alcune persone ricostruiscono nella loro mente cosa
potrebbe essere successo riferendosi alla conoscenza di casi simili. Queste considerazioni si basano
sul concetto di schema o script, secondo il quale eventi familiari - basati su esperienze precedenti -
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hanno uno schema guida per la loro codifica ed il loro ricordo (negli script sono inseriti sia gli
oggetti che i personaggi che è verosimile intervengano in una data situazione).
In questo modo, se il soggetto si trova a dover testimoniare circa un fatto che si adatta allo
schema appreso in precedenza, tenderà a dare un resoconto dell'evento simile a quest'ultimo,
riportando dettagli sbagliati o non accurati.
Esempio: "lei ha detto che i rapinatori sono scappati su un'auto di grossa cilindrata, adesso
mi dica cosa è successo subito prima di salire in auto... e poi ancora prima fino all'inizio...".
Altro fattore importante è il "recali diary" - diario basato sul ricordo - il quale prevede, in
specifiche circostanze, la formulazione di una domanda aperta circa un periodo di tempo preciso di
un giorno prefissato, nel quale si ritiene sia avvenuto l'evento o la circostanza su cui si indaga. La
risposta assunta è trascritta letteralmente da chi fa l'interrogatorio il quale, in funzione anche di ciò
che l'intervistato ha risposto alla domanda, pone ulteriori domande di precisazione; la ragione
dell'utilizzo di tale procedura si fonda sul fatto che il soggetto sia in grado di ricordare un qualche
evento di una certa salienza a cui può agganciare la ricostruzione mnemonica di altri eventi del
giorno o del periodo in esame, anche se esso sia un fatto minimo. In pratica, si tratta di partire con
delle domande generali che riguardano un ampio arco temporale, seguite da domande specifiche che
riguardano il qui ed ora, o un periodo di tempo molto ristretto. Le prime rappresenteranno tuttavia,
da un punto di vista cognitivo, un compito complesso, più difficile di quello richiesto dal rispondere
ad una domanda specifica. Di conseguenza è probabile che la risposta possa essere soggetta a
influenze e distorsioni connesse a processi psicologici innescati da fattori contestuali, tra i quali vi
sono la modalità nel chiedere, le caratteristiche del contesto situazionale salienti ai fini del processo
di risposta (per esempio, l'interrogatorio si svolge alla presenza di una terza persona, oppure in un
ambiente che il soggetto trova spiacevole) e il contenuto e/o la formulazione della domanda nella
considerazione del suo grado di intrusività e salienza.
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Quarta mnemotecnica: chiedere al testimone di raccontare il fatto cambiando prospettiva.
Questa tecnica cerca di incoraggiare il testimone ad immaginare l'evento dal punto di vista della
vittima o di un altro testimone e di riportare quello che questi possono vedere. In questo modo
l'intervista cognitiva permette un tentativo di recupero dell'episodio dalla memoria profondo e
completo, incoraggiando i testimoni a ricordare il fatto da una diversa prospettiva, iniziando ad
esempio dall'episodio più memorabile. Esempio: "Mi ha detto che i rapinatori hanno minacciato il
giornalaio, provi a rievocare la scena, magari mettendosi nei -panni dell'edicolante... chiuda gli
occhi se necessario...".
Detto ciò, le componenti cognitive di questa particolare e complessa tecnica di intervista si
basano su due presupposti teorici:
a) la traccia di memoria è costituita da molti elementi e maggiori sono gli elementi che
concorrono al momento del recupero dell'informazione, maggiore sarà la probabilità di
recupero di questa (Cavedon e Calzolari, 2001);
b) poiché esistono diversi percorsi per raggiungere una certa informazione codificata, se essa è
inaccessibile attraverso un certo percorso potrà probabilmente essere raggiunta
attraverso un'altra strada.
Se un'informazione non viene ricordata, non significa che sia andata irrimediabilmente
perduta, probabilmente essa può essere recuperata attraverso quel determinato metodo che si sta
utilizzando e, allora, cambiando metodo diventa possibile recuperare questa informazione. Per
questo motivo i tentativi di richiamo multiplo delle informazioni possono aumentare la quantità di
ricordi. L'intervista cognitiva originariamente nasce e si sviluppa in Inghilterra, prevedendo una
sequenza prestabilita di attività che devono essere svolte in successione, e che sono descritte con
l'acronimo PEACE:
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Preparation: è la fase di studio del fascicolo, dello sviluppo delle ipotesi preliminari e della
scelta di una tecnica d'indagine da seguire;
Engagé, explain: è la fase di “ingaggio” della conversazione, della raccolta delle
informazioni personali e della spiegazione del suo ruolo come di un collaboratore della giustizia;
Account: è la fase di raccolta delle informazioni;
Close: è la fase di chiusura del colloquio con il riassunto di quanto emerso;
Evaluate: è la fase di valutazione investigativa di tutti gli elementi raccolti.
L'approccio cognitivo è diverso da ogni altra forma d'interrogatorio, in quanto utilizza i
principi e le teorie della psicologia cognitiva, cercando di ridurre al minimo la soggettività.
Per affrontare l'intervista cognitiva è importante, per l'intervistatore, prepararsi raccogliendo
tutti i dati possibili, valutando i dati raccolti, facendo quindi un'analisi dei dati così come emersi,
per costruire delle preliminari ipotesi teoriche di riferimento.
Ciò permette non solo di porre le giuste domande, di valutare la veridicità delle risposte e di
evitare di fornire notizie utili per la sua difesa.
Non sono, comprensibilmente, previsti i cosiddetti “tranelli psicologici” (vietati dalla legge)
che espongono il soggetto al pieno controllo di chi lo interroga.
La tecnica dell'intervista cognitiva diviene dunque lo strumento per fare dell'assunzione
d'informazioni non più e non solo una delle tante attività del procedimento penale, quanto piuttosto
una vera e propria attività scientifica in campo criminale, al fine di rispondere all'esigenza di
diminuire gli effetti della suggestionabilità.
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2 L'intervista cognitiva riveduta
L'intervista cognitiva presenta il maggior grado di affidabilità se elaborata; appare difficile
ottenere altre verificazioni in condizioni reali d'osservazione: infatti, in una situazione ecologica,
la mancanza di riscontro obiettivo implica l'impossibilità di controllare l'effettiva corrispondenza tra
quanto il teste riferisce e il modo in cui i fatti si sono effettivamente svolti. Quando si assiste al
verificarsi di un evento complesso, è impossibile fare attenzione e ricordare ogni suo dettaglio. Si è
già detto che la tendenza generalizzata è quella di arrivare ad un'interpretazione complessiva
dell'evento partendo da certi dettagli indicativi. In genere si ritiene che chi è in grado di riferire
particolari periferici deve aver prestato molta attenzione agli elementi centrali dell'evento; in effetti,
la testimonianza può essere accurata per quanto concerne il nucleo più significativo del fatto e
imprecisa per i particolari di contorno, e viceversa. Tenendo in considerazione che il tempo erode
inevitabilmente il ricordo degli eventi, specie degli elementi di contorno è possibile ricordare, ad
esempio, a tempo indeterminato di essere stati derubati, ma elementi specifici (il volto del ladro, la
sequenza degli eventi, ecc.) tendono a svanire nel tempo.
Poiché la maggior parte degli eventi criminosi sono caratterizzati dell'imprevedibilità e
repentinità con cui si verificano vittime e testimoni vengono colti di sorpresa e di conse-guenza i
loro ricordi, a differenza di quanto avviene in situazione sperimentale, sono necessariamente
casuali, frammentari e soggettivi. L'unica informazione che è automaticamente immagazzinata
riguarda il sesso di chi parla (Cavedon e Calzolari, 2001).
In una situazione reale, i testimoni sono in generale coinvolti emotivamente nell'evento che
devono riuscire a ricordare: il testimone è solitamente ansioso perché deve portare la propria
testimonianza davanti ad un giudice, oltre allo stato di tensione che sperimenta, data la situazione a
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cui ha partecipato. Appare evidente come tutto questo renda l'intervista un momento stressante, in
cui il rapporto con l'intervistatore diventa di fondamentale importanza.
La stessa forma mentis di chi interroga (l’accusa e la difesa) rappresenta il presupposto,
probabilmente ineliminabile, di una posizione suggestiva di fondo. Particolarmente il Pubblico
Ministero ha una condizione mentale che riflette lo schema del sillogismo giudiziario, basato su un
ragionamento deduttivo fondato su dati di partenza per arrivare ad una conclusione che, a differenza
di quella del ricercatore e dello scienziato, riflette lo schema del confronto tra una tesi data per vera
e un fatto da accertare. Chi interroga, per il fatto stesso di non conoscere, a differenza dello
sperimentatore, la verità sul fatto che è chiamato ad accertare, tende a portare all'interno del
processo decisionale tutta una serie d'elementi soggettivi (convinzioni, pregiudizi, aspettative, ecc.)
che inevitabilmente si sommano a quelli che hanno già influenzato i processi mnestici del testimone
e a quelli obiettivi, riconducibili a fattori di distorsione legati al contesto situazionale.
Numerose ricerche hanno valutato l'utilità dell'intervista cognitiva e i risultati sono
stati sintetizzati in una recente meta-analisi che includeva 42 studi a cui avevano preso parte
complessivamente circa 2500 individui (Cavedon e Calzolari, 2001). Le conclusioni della ricerca
hanno evidenziato che rispetto ad un approccio d'intervista tradizionale, quando i partecipanti alle
ricerche erano intervistati attraverso l'utilizzo dell'intervista cognitiva, aumentavano i dettagli
corretti nonché, seppur in quantità minore, il numero di dettagli scorretti. Lo studio ha evidenziato il
contributo fondamentale dell'intervista cognitiva: accrescere la quantità d'informazioni raccolte pur
non garantendo un miglioramento della loro accuratezza.
L'intervista cognitiva riveduta si focalizza, quindi, su due elementi fondamentali della
testimonianza: l’aspetto relazionale e l'aspetto mnestico. Il testimone, posto in una situazione dove
si sente a proprio agio, dovrà recuperare il maggior numero di informazioni riguardanti il crimine al
quale ha assistito e raccontarle nel modo migliore all'intervistatore. È necessario che entrambi gli
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aspetti siano facilitati: la memoria attraverso le strategie cognitive, la comunicazione attraverso una
serie d'accorgimenti concernenti l'interazione tra il testimone e l'intervistatore. Per ottenere una
buona testimonianza si dovrà personalizzare l'intervista e fare in modo che il testimone si senta una
persona importante e utile al fine dello svolgimento delle indagini.
Atteso che un alto livello d'ansia interferisce con il ricordo dell'evento, uno degli obiettivi
principali dell'intervistatore è quello di minimizzare l'ansia. È stato dimostrato che nei rapporti
interpersonali il comportamento di una persona tende ad assomigliare a quello dell'altra, perciò un
primo passo che l'intervistatore può fare è quello di apparire rilassato e parlare lentamente.
All'intervistatore quindi si richiedono alcuni prerequisiti:
a) una disponibilità attenta e rispettosa;
b) una curiosità non invadente (ma nel contempo realizzando un'apertura empatica al massimo
grado, dotandosi di una riflessività tale da saper distinguere il più profondamente
possibile ciò che appartiene ai propri assunti normativi cognitivi ed emotivi e ciò che
invece gli si annuncia come un'autentica manifestazione dell'altro);
c) una capacità di essere attivamente neutrale (in un'ottica realista, l'intervistatore dovrà porre
in essere una tecnica non intrusiva, in quanto l'obiettivo prioritario è quello di garantire
un atteggiamento neutrale e distaccato, con cui esso estrapola la maggiore quantità di
informazioni dal soggetto in esame, considerato più come una banca dati che come un
effettivo interlocutore in grado di condizionare a sua volta il processo di conoscenza);
d) una conoscenza sufficiente del proprio stile comunicativo (per non cadere nella
formulazione di domande linguisticamente ambigue, inappropriate, anche se adeguate
concettualmente). L'appartenenza del soggetto interrogato ad un certo gruppo etnico o
razziale preclude l'ovvia conoscenza della lingua e/o del dialetto parlato, necessaria per
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capire senza alcuna ambiguità le risposte date e per valutare di richiedere
approfondimenti.
Un'altra tecnica per facilitare la comunicazione, che caratterizza l'intervista cognitiva
riveduta, si basa sul trasferimento del controllo dell'intervista dall'intervistatore al testimone.
Durante l'interrogatorio si fa in modo che sia il testimone a dettare il ritmo dell'intervista; chi
interroga si limiterà ad ascoltare attivamente tutte le informazioni che possiede. Per ottenere questo
risultato, occorre un'inversione di ruolo: iniziare l'esame con il metodo del racconto libero, che
garantisce maggior accuratezza, per proseguire poi, alla ricerca della completezza, con il metodo
delle domande dirette. Il racconto libero deve precedere sempre l'interrogatorio, per evitare che la
proposizione di domande possa provocare risposte viziate che potrebbero poi essere ripetute anche
in fase d'interrogatorio. Quindi, prima il racconto libero, che consente una narrazione dei fatti
spontanea e autonoma, ma spesso caratterizzata da incompletezza e superficialità, e poi
l'interrogatorio per completare e correggere la deposizione. Se
l'intervistatore tende ad assumere il ruolo di leader, oppure tende ad interrompere spesso il racconto
del testimone, difficilmente quest'ultimo fornirà volontariamente e liberamente un elevato numero
di informazioni. È opportuno creare un'atmosfera d'incoraggiamento e non ostile o di sfida, poiché
essa incide direttamente sia sulla precisione che sulla completezza del racconto, influenzando
l'atteggiamento del testimone verso colui che interroga, e mina la fiducia in se stesso e la capacità a
testimoniare. Il testimone che si sente circondato da un clima d'ostilità e di sfida mostra una
percezione meno favorevole delle proprie capacità e sembra più incline a credere che l'intervistatore
voglia ottenere risposte compiacenti. Oltre alle componenti sociali, l'intervista cognitiva revisionata
è stata arricchita anche con le altre strategie cognitive per migliorare il recupero dell'informazione,
quali l'attivazione delle immagini mentali da parte del testimone. Esse riguardano le varie parti di
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un evento (il viso di un sospetto, i vestiti, l'arma utilizzata ecc.): si chiede al testimone di focalizzare
l'attenzione su aspetti particolari della scena e di creare delle immagini mentali.
Con il termine immagine mentale s'intende la rappresentazione mentale di qualcosa in
assenza di essa. Grazie alle capacità immaginative è possibile rivivere mentalmente tutte le
esperienze sensoriali di cui si serba il ricordo: visualizzare la forma di un oggetto, rievocare una
musica che ci è familiare, sentire l'odore o il sapore di qualcosa che in realtà non c’è, sono tutte
immagini mentali.
Sebbene vi sia la possibilità di richiamare immagini mentali attraverso tutte le modalità
sensorie, la maggior parte della ricerca scientifica è stata rivolta alla capacità di costruire immagini
mentali visive.
Questo tipo d'immagini non sono vere figure, né fotografie o diapositive, sebbene sia
possibile poter visualizzare mentalmente un oggetto qualsiasi, potendolo osservare nei particolari,
trasformarlo o farlo ruotare a piacimento.
Quando un’immagine mentale è stata creata, le domande dovranno essere compatibili con la
stessa. Per rendere l'intervista più efficace si cerca in genere di ricavare, attraverso diverse
domande, tutte le informazioni possibili da una certa immagine mentale, e soltanto in un secondo
tempo di passare alle domande che fanno riferimento ad immagini diverse o altre fonti
d'informazione.
Potrebbero sorgere dei problemi nel caso in cui le immagini siano create più di una volta,
poiché l'intervistato potrebbe in questo caso confondere il ricordo originale dell'evento con le
successive immagini create durante l'intervista cognitiva. Le immagini create dal testimone, quindi,
non dovrebbero essere accompagnate da commenti suggestivi da parte dell'intervistatore, perché in
seguito potrebbero creare falsi ricordi.
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